sabato 8 dicembre 2007

BREBUS

BREBUS-VERBI
etimologicamente significherebbe PAROLA, ma parola nella lingua sarda è tradotta come PARAULA, FUEDDU, ALLEGU.....ma il termine BREBU sta a indicare parola potente, con delle virtù divinatorie.
i brebus erano custoditi gelosamente da alcuni anziani del paese che ne tramandavano oralmente le sequenze a un figlio o nipote preferito.

PER trovare i tesori esistono più scongiuri, uno dei quali è il seguente:

Custu puntu de obiada
beneitta sa posada
beneitta conzuntura
chircami sa fortuna
po nos dare sa salude
in custa santa bertude
Corpus santu amè
in su chelu sezis re
po nos dare indendimentu
laudadu semper siada
su santissimu sacramentu Questo punto d'incontro
sia benedetto per la fermata
benedetta la congiuntura
cercatemi la fortuna
per darci la salute
in questa santa virtù
Corpo santo amen
nel cielo siete re
per darci intendimento
sia sempre lodato
il santissimo sacramento



Secondo le testimonianze, questo berbu andrebbe recitato nel puno in cui inizia il territorio interessato al tesoro.

(da contus antigus)
AMULETI

Un tipo di amuleti sono quelli che richiamano gli organi genitali, sia maschili che femminili. Avremo quindi conchiglie che richiamano la forma di una vagina, accompagnate da campanellini, ma anche amuleti fallici come zanne di cinghiale, chele di crostacei, corna di muflone. A questo proposito, da parte mia posso dire che il mio nonno materno mi ha lasciato un dente di animale (non so chi fosse il suo precedente proprietario, chiedo scusa!) che ha trovato in campagna, a cui tengo molto: è andato prima a mia madre e poi lei lo a regalato a me (ma non fraintendetemi, mi è stato passato come portafortuna, non come vero oggetto rituale. Malauguratamente, non ci sono streghe in famiglia e nessuno dei miei parenti mi ha mai insegnato granchè di stregonesco).

Gli amuleti vengono però tramandati generalmente seguendo la linea femminile, oppure vengono regalati dai nonni alla nascita del nipotino: non possono essere venduti, o perderebbero le loro facoltà. Segue la linea femminile anche l'insegnamento dei rituali che verificano l'esistenza del malocchio e che lo tolgono.

I rituali a questo scopo sono molto simili tra loro, o meglio, sono la declinazione di uno stesso rituale di base che si ripete costante in tutta la regione, e in maniera simile in tutta Italia. In Sardegna, il rituale è detto ' mejina de s'ogu' , la medicina dell'occhio.
Come per quanto riguarda gli amuleti, chi è a conoscenza di questi rimedi non può accettare soldi per l'esecuzione del rituale, o questo non avrà effetto.
L'esecutrice, che è generalmente donna, dice 'Po saludi ti servidi'; l'affatturato non può rispondere 'grazie', o il rituale fallisce: risponde per questo ?Deu ti ddu paghidi' (Ti serva alla salute; Dio te ne renda merito). Vi posso dire che in famiglia e tra i conoscenti bene o male si sa chi è che fa la medicina dell'occhio: è una cosa che si sussurra, che si accenna appena, ma lo sanno un po? tutti, alla fine. Ma vediamo il rituale vero e proprio.

Comune alle varie versioni del rito sono la presenza dell'acqua (che viene spesso incantata da una formula, ripetuta tre volte, del tipo 'Eo, abba, ti battizzo in nomine de Deus e Santu Juanne Battista? 'io, o acqua, ti battezzo in nome di Dio e S.Giovanni Battista-), di una gestualità molto precisa (si tracciano continue croci nell'aria, sul recipiente utilizzato, o sull'affatturato), e di formule segrete dette oraziones o pregadorias. Nel Campidano si un bicchiere d?acqua, che deve essere o santa oppure salata, generalmente con tre grani (il sale purifica l'acqua, e sostituisce la benedizione del prete). Si mettono tre chicchi di grano nel bicchiere, facendosi tre volte il segno della croce, e se i chicchi si gonfiano o si presentano delle bollicine (in alcuni casi contano solo le bollicine che si formano sulle punte dei chicchi) è presente il malocchio. In questo caso, si beve l'acqua, o la si butta alle spalle, o si toglie il malocchio con un occhio di Santa Lucia che si immerge nel bicchiere.

Unèaltra versione prevede l'uso di olio, che viene versato tracciando una croce su un piatto o un bicchiere pieno d?acqua salata: tre gocce d?olio cadono dall'indice destro dell'esecutrice e dal comportamento delle gocce si definisce il grado di malocchio che ha colpito il malcapitato.
Il bicchiere deve poggiare, in questo caso, su un oggetto dell'infermo. Se il caso è molto grave, gli si pone il bicchiere sulla testa e gli si asperge il corpo con la pozione ottenuta. A seconda del paese in cui si va, si utilizzano ciottoli di mare, braci accese, pietre magiche con una croce incisa. La figura rotonda delle bollicine richiama l'occhio, che allontanandosi dal chicco si allontana anche dall'infermo.

Is brebos, ossia le formule magiche, sono segrete, e rivelarle le priverebbe del potere: anche durante il rito si pronunciano a bassissima voce, per non farle sentire a nessuno. Ci sono alcune circostanze in cui vengono però comunicate.
Vediamo un po' quali sono gli eventi che fanno temere il malocchio. Basta poco, in effetti. Uno sguardo d'ammirazione, una lode per la strada possono gettare l'occhio, anche involontariamente. Anche non volendo, infatti, si può mettere l'occhio, anche ad una persona cara: pertanto esistono delle formule apposite per scongiurare questo pericolo. Prima di fare una lode, si deve premettere 'chi Deus du mantenga', ossia 'che Dio lo protegga'. In questo modo, la lode si dimostra sincera e priva di malizia. Se per caso ci si dovesse dimenticare di recitare la premessa, per evitare l'occhio il lodatore deve toccare l'oggetto del complimento, generalmente un neonato, dicendo 'po non ti ponni ogu', per non metterti l'occhio. Oltre al toccare, anche lo sputo ha valenza anti-malocchio. Per non adocchiare il bambino chi gli fa un complimento, secondo alcune tradizioni, deve sputargli sulla testa (questà usanza viene condivisa sia con gli spagnoli che con i greci).

Il momento in cui si teme maggiormente l'occhio è proprio la presentazione del bambino appena nato.
La madre, ancora a letto, teme gli iettatori, e per evitare l'occhio, fa toccare il bambino a tutti i visitatori, magari con la scusa di tenerlo in braccio. Se poi ha motivo di credere che qualcuno abbia posto l'occhio sul suo bimbo, non appena questo le volta le spalle sputa tre volte verso di lui per annullare la sua azione.
Per evitare l'occhio, la cultura popolare ha prodotto parecchi tipi di amuleti, di natura diversa. Questi, per essere efficaci, devono essere 'abbrebati', ossia benedetti da formule appropriate, 'is brebos'.

Comuni sono gli amuleti circolari, per richiamare la forma dell'occhio. Questi sono chiamati 'Sabegias' e sono costituiti da pietre rotonde incastonate in oro o argento, per poter essere utilizzate come gioielli. Is Sabegias simboleggiano l?occhio buono, che assorbe il flusso malefico del malocchio: non possono toccare nè terra nè acqua oppure perderebbero i loro poteri, e sono generalmente costituite da ossidiana, basalto o corallo; in ogni caso devono essere nere o rosse. più l'amuleto è ricco e vistoso, più è potente: infatti in questo modo attirerà l'occhio che non potrà posarsi altrove.

Amuleto naturale contro il malocchio è 's'ogu de Santa Luxia', l'occhio di Santa Lucia. Questo è l'opercolo di un mollusco marino, caratterizzato dalla forma ad occhio, appunto, che si trova facilmente sulle spiagge sarde: la sua funzione è, come quella delle Sabegias, di simboleggiare un occhio buono che annulli il malocchio. A differenza degli amuleti precedenti, però, gli occhi di Santa Lucia possono essere sia indossati come gioielli che tenuti nascosti. Devo dire che gli occhi di Santa Lucia sono molto diffusi, e conosco diverse persone che ne possiedono intere collezioni.

Sono amuleti pregiati e potenti gli scapolari, definiti da diversi nomi tra cui 'Nudus', riempiti da ingredienti sacri. Tra questi, troviamo piccoli scritti, medaglie, erbe, grano, sale, terra, cenere, sangue mestruale. Alcune 'ricette' prevedono una composizione di tre grani di sale, tre semi di asfodelo, verbena o valeriana; oppure, con fiori di lavanda e ruta; con pezzetti di palma benedetta; con tre grani di carbone o di basalto. Gli amuleti vengono chiusi da nastri verdi: questi hanno il potere universalmente riconosciuto di annullare l?occhio e di portare bene. Io stesso da bambino ne indossavo uno come braccialetto al polso, e così i miei amici e parenti: già in ospedale i bambini sono spesso ornati da questi piccoli portafortuna

(TRATTO DA MITI LEGGENDE E RITUALI IN SARDEGNA)

martedì 23 ottobre 2007

janas


Se di notte, mentre dormite, vi sentite chiamare tre volte, non vi allarmate sono le janas che vi hanno scelto.
Vi porteranno a vedere i tesori che custodiscono e se sarete onesti e non tenterete di rubare, sarete per sempre ricompensati, altrimenti tutto quello che toccherete si trasformerà in cenere e carbone.
Le janas sono un piccolo popolo, sono minute, alte poco piu o poco meno di un palmo, vestono di rosso vivo, hanno il capo coperto da un variopinto fazzoletto, ricamato con fili d'oro e d'argento, e portano pesanti collane d'oro lavorato.
Dicono che siano molto belle; ed il loro corpo sia evanescente, luminoso, a volte tanto luminoso da abbagliare. Chi le ha viste da vicino giura che la loro pelle e delicatissima e che hanno lunghissime unghie capaci di scavare la roccia.
Di giorno non escono mai, il sole, per quanto pallido, le scotterebbe facendole morire.
Qualcuno le chiama fate, qualcuno streghe, ma sono entrambe le cose, dipende solo da noi, se le capiamo sono fate, se le cacciamo streghe.
Abitano in piccole grotte sui costoni delle alture sarde; le case delle fate sono conosciute come domus de janas, dentro ogni cosa e a misura di jana: il mobilio, le suppellettili, tutto.
Se vi capita di scorrazzare per le strade sarde guardatevi attorno, ogni collina puo nascondere una o piu di queste dimore incantate, magari dietro un arbusto o sotto un masso appena scostato, cercate con calma e senza pregiudizi e vedrete che ne troverete.
La loro vita trascorre in gran parte a filare il lino, a tessere, ovviamente su telai d'oro, e a cucire stoffe preziose che trapuntano con fili d'oro e d'argento.
Di notte, quando e luna piena, stendono i panni sui prati ad asciugare.
A Cabras, quando c'era la luna, scendevano dalle montagne a chiedere il lievito per fare il pane. Era l'unico modo per far lievitare il loro pane perchè si dice che il lievito che vede la luna, e quello delle janas lo vedeva, non puo lievitare.
La notte scendono nelle case degli uomini, si accostano alle culle e a volte cambiano l'intensita della loro luce. In tal modo stabiliscono il destino del bambino, nessuno sa come decidano se un bambino sara fortunato o meno, ma e certo che lo facciano.
Ancora oggi quando si incontra una persona fortunata si dice che e bene vadada, di quella sfortunata, invece, si mormora che è sicuramente mala vadada.
Le janas in qualche paese sono piu cattive e dispettose e i paesani le chiamano mala janas. Le mala janas (a dirlo veloce si corre il rischio di pronunciare margiana) sono crudeli, ma qualcuno le confonde con i margiani e le janas e muru o e mele (fate del muro e del miele) ovvero le volpi e le donnole.
Bisogna stare attenti a non sbagliare.
Le janas sono cattive con chi le vuole truffare. A Monte Mannai, vicino
Macomer, una jana ballava felice con gli uomini, ballava su ballu tundu (il ballo Tondo) al suono delle launeddas, passava di ballerino in ballerino, sempre piu velocemente finche non senti la voce delle sue compagne cantare:

sos buttones ti chirca. (I bottoni cerca)
Chircadi sos buttones. (Cercati i bottoni)

Tutto si fermo , la jana si guardo il corpetto e vide che le avevano rubato i preziosi bottoni di filigrana.
Da quel giorno non si videro piu fate in quella zona, andarono via offese e amareggiate dall'avidità e dalla malizia degli uomini.
Oggi le janas non dovete disturbarle, sono diventate sempre piu schive, dovete aspettare che siano loro a cercarvi.
Fate finta di dormire e ad occhi socchiusi le vedrete volteggiare sopra di voi.

(tratto da contus.it)